Nel 2002 il Nobel per l’economia fu assegnato ad uno psicologo, Daniel Kahneman.

Sebbene alla maggior parte degli esseri umani piaccia pensare a sè stessi come a persone intelligenti e razionali, un’ampia ricerca ormai dimostra che le emozioni giocano un ruolo fuori misura nei rapporti interpersonali, nei negozi umani appunto.

L’essere umano è sospeso tra ragione ed emozione e le sue scelte risultano da un impasto tra le due dimensioni; alla faccia dei razionalisti.

E la mente tende ad auto-ingannarci e, di solito, ad auto-assegnarci giudizi ben più benevoli di quanto in realtà si meriterebbe. Prendiamo ad esempio l’asimmetria che normalmente le persone pongono fra le perdite ed i guadagni. Si pretendono più soldi per vendere un proprio oggetto di quel che si è disposti a pagare per acquistarlo, e ciò indipendentemente dal fatto che in esso vi siano particolari “valori affettivi”. Evidentemente ci si reputa più furbi dell’altro. Ma si è anche più precari, perdere qualcosa è un danno maggiore del guadagno avvertito allorchè lo si guadagna. Soffriamo di più quando perdiamo qualcosa di quanto si gioisca nell’entrarne in possesso.

L’azione umana si muove sotto la tendenza ad evitare le perdite.

Quando c’è uno scambio l’attenzione si pone su ciò che l’altro dice. Tante persone raccontandomi le pene del loro relazionarsi con genitori o partner da cui vorrebbero prendere il largo mi ripetono, lui/lei ha detto che….lui/lei dice che…..

D’accordo, quello sarà pure ciò che ha detto con le parole, ma è poi quello che ha davvero voluto dire? e come un mantra glielo ripeto: se non riesci a leggere ciò che la tua controparte ti trasmette col sentimento e ti concentri solo su quello che lui/lei ti sta dicendo, è altamente probabile che tu subisca una cantonata.

In ogni scambio esistono oltre ai contenuti verbali altri contenuti impliciti ma per questo non meno importanti. Assieme al contenuto delle parole vi sono gli apparati para-linguistici con cui le parole vengono dette e tutto il mare della comunicazione non-verbale che segnala la qualità della relazione fra le persone che stanno comunicando. Imparare a decodificare diventa allora essenziale se si vuole davvero capire ciò che il proprio interlocutore sta dicendo. Insomma è essenziale imparare ad osservare, a farlo bene in modo da cogliere i veri significati della comunicazione che ci interessa. E bisogna calare queste osservazioni nel tipo di persona con cui si comunica. Infatti i negoziatori esperti sanno mascherare i loro veri sentimenti; rimangono velati. Disgelarli non è detto che sia facile; più l’interlocutore è sprovvisto di strumenti e più diventa facilke leggerlo, ma chi è ben strutturato diventa un interlocutore ostico. Lo sanno bene quei tanti genitori che si urtano nella coppia con un partner forte attrezzato e…..malefico. Questi ultimi scelgono le parole da dire, misurano il tono della voce, controllano il linguaggio del corpo e lanciano espressioni del volto con cura. Per l’osservatore medio gente così di solito sembra neutrale, impassibile. Tieni anche conto che se hai a che fare con un tale ben allenato lui/lei potrebbe essere in grado di fingere un’emozione convincente. Specie se pensa che ciò lo/la aiuterà nel difendere i propri interessi. Non fanno così tanti/tante amanti che fingono gioie stellari pur di accontentare il/la partner?

La simulazione è all’ordine del giorno in molte situazioni umane; l’individuo per un suo tornaconto cerca di manipolare l’interlocutore che sia l’amante, il figlio, il genitore, il marito o la moglie, un giudice o un collega di lavoro. Scoprire le simulazioni è tutt’altro che facile ma in molte situazioni, un giudizio, un divorzio, un conflitto intergenerazionale, diventa essenziale. Come fare? C’è un modo per leggere ciò che la controparte sente nel suo intimo anche se deliberatamente sta cercando di nasconderlo. Il segreto è quello di prestare attenzione alle microespressioni spontanee ed involontarie che svolazzano rapidamente sul volto. Il volto è come un campo attraversato dai pensieri e dalle emozioni; e se è una intensa emozione si vede, come le increspature sul mare.

Se si sa cosa cercare queste microespressioni possono fornire in un istante la finestra finalmente onesta che si apre sul mondo della controparte. Saperle cogliere è essenziale perché mentre il resto della comunicazione può essere controllato queste increspature del volto sono spontanee, scivolano involontarie al controllo anche del più strutturato “nemico” con cui ci si sta confrontando. Alcune espressioni, gioia, paura, sorpresa, rabbia, sono facilmente riconoscibili quando le si vede su una faccia fotografata. Chiunque quando guarda ad esempio una foto di gioia la interpreta come tale. Il problema è che nella vita reale quelle espressioni scivolano sul volto molto rapidamente, la parte spontanea non dura neppure un secondo. Qualche ricercatore si è dedicato a questo tema ed ha scoperto che le espressioni emozionali improvvise, quelle che interessano a noi per capire cosa passa per la testa dell’interlocutore, durano circa 4 centesimi di secondo; pochissimo. E quando si è tesi perché si è concentrati a seguire il significato delle parole che ci si scambia ed ancor più quando l’interazione è intensa, 4 centesimi di secondo corrono troppo in fretta per dare il tempo di cogliere quel che servirebbe. E’ molto diverso riconoscere la paura su un volto in una foto e sulla faccia del figlio che, mettiamo il caso, ti sta riferendo perché è rientrato tardi. E’ molto difficile, ma non impossibile; anzi quella è una delle differenze fra chi sa convincere l’interlocutore e chi invece sa solo subire dall’altro.

Le microespressioni del volto sono la misura delle reazioni viscerali alle idee e alle proposte che si stanno confrontando; se le leggi puoi strategicamente orientare il dialogo verso il risultato preferito. Ci sono mariti provocatori che tengono con le ex dei rapporti come se giocassero a scacchi: coperti e strategici per fare reagire stizzosamente le ex ed acquisire meriti verso i figli contesi. Quando quelle signore imparano a trattenere le reazioni diventando più riflessive e quando dedicano attenzione a cogliere i messaggi impliciti nelle microespressioni del volto degli ex, passano da signore strapazzate a persone più sicure di sé perché meno in balia dei dictat dell’ex.

Ovviamente ci si può riferire sia alle signore che ai signori, l’osservazione non cambia. Imparare a leggere le microespressioni del volto è possibile; ovviamente c’è chi è più centrato sull’interlocutore chi no, ma si può imparare; e come tutte le cose, l’apprendimento migliora con la pratica. Certo bisogna mantenere l’attenzione sul volto dell’interlocutore; metti una serie di opzioni e mentre descrivi l’una e poi l’altra guarda la increspatura sul volto dell’altro. Molto prima che lui/lei si esprima avrai capito cosa davvero desidera e cosa non vorrebbe.

Non fare domande troppo aperte, meglio se racconti tu una storia, di come stai soffrendo e di cosa stavi pensando. Racconta situazioni simili a quelle che ti interessano, di persone vere ma diverse da te/voi e osserva le microespressioni che si formano sull’interlocutore ai passaggi della narrazione che fai. Più parli di cose situazioni persone simili al tuo caso ma diverse da te/voi e più il tuo interlocutore abbassa la guardia; e se si lascia andare sarà più vero nell’esprimersi, e tu capirai meglio.

Osserva di più invece di ascoltare solo le parole che escono dalla sua bocca.

L’attenzione alle microespressioni consente di cogliere il segreto dei feedback del vostro interlocutore mentre lui non si rende nemmeno ben conto che li sta dando.

Chiudo recitando ancora Kahneman; studiando la felicità umana (che poi è la qualità percepita della propria vita) questo grande psicologo ci ha dato un’altra perla: lo stare bene o lo stare male non è dovuto a dei valori “assoluti” ma ai cambiamenti di stato. Sono la diminuzione o l’aumento dello stato delle cose che ci fanno stare bene o male.

 

Umberto Nizzoli