Determinanti sociali di salute: come fronteggiarle nel complicato bosco di interessi in cui viviamo?

Nel post pandemia, o meglio sindemia, come l’ha definita Horton, 2020) prende un rilevante spazio di attenzione il ruolo giocato dalle Determinanti di Salute nel dare evidenza alle diseguaglianze crescenti che frastagliano il mondo.

La maggior parte delle determinanti della salute sono sociali e non direttamente suscettibili di trattamento clinico.

Per migliorare l’equità, che oggi è fortemente messa in discussione dalle

crisi finanziarie dei governi, il sistema dei servizi sanitari, cioè le Asl e gli ospedali, dovrebbe collaborare con i servizi sociali, che non sono solo i servizi sociali dei comuni o del privato-sociale, ma anche le scuole , le agenzie formative, le parrocchie e le società religiose. Per una visione simile di solito mancano i ponti istituzionali e addirittura la mentalità stessa di molti clinici abituati a operare “trincerati” nel proprio ente di appartenenza. C’è un profondo lavoro di aggiornamento dei paradigmi dell’esercizio della professione medica da fare con i professionisti della salute. Non risulta che al momento vi siano accordi di rete per il lavoro integrato sanitario e sociale (sociale nel senso suddetto) né che si facciano corsi di formazione obbligatoria che accompagnino i clinici verso questo nuovo modo di esercitare la professione medica.

Qualche seppur ridotta esperienza esiste, addirittura negli US, dove pure non vi è nella base dei valori la eguaglianza. E’ curioso che là lo si faccia, mentre qui dove si sbandiera il principio di uguaglianza non lo si prenda ancora in considerazione. Comunque il Dipartimento della Salute dello Stato di New York, con una deroga a Medicaid, ha sviluppato una rete per affrontare le determinanti sociali della salute (SDHN) come strategia da seguire nella fornitura della assistenza sanitaria. Ciò succede da 4 anni nella parte settentrionale dello stato di New York.

Tra le determinanti sociali della salute vanno incluse le determinanti commerciali che hanno un particolare interesse per la “dipendenza”. Ciò risulta evidente dagli studi che che dimostrano come le aziende produttrici di tabacco abbiano portato l’industria alimentare statunitense verso l’iperappetibilità dei cibi già a partire dagli anni ’80. Gli studi dimostrano che le aziende alimentari di proprietà dei colossi del tabacco producevano cibi iper-palatabili (presenza di grassi, carboidrati e sodio) circa l’80% in più delle aziende alimentari non possedute dai colossi del tabacco, Tera-Fazzino Addiction 2023). Cibi che favoriscono la dipendenza. Purtroppo oggi anche altre aziende alimentari hanno seguito la stessa strada!

Su un altro versante le società dei social media hanno favorito la dipendenza attraverso algoritmi che aumentano il coinvolgimento con le loro piattaforme. Si è visto che più gli adolescenti interagiscono con i social media, più sono suscettibili ad iniziare l’uso della sigaretta elettronica. I social media hanno una grande quantità di contenuti di sigarette elettroniche. Poco ancora si sa sulla associazione tra l’uso dei social media e suscettibilità, inizio e uso continuato delle sigarette elettroniche. Ma uno studio del CDC condotto da Lee, Krishnan-Sarin e Kong, 2023 sugli adolescenti che hanno partecipato alla ricerca Population Assessment of Tobacco and Health (PATH) ha rilevato che l’uso dei social media è associato a una aumentata suscettibilità all’uso della sigaretta elettronica.

I rischi di dipendenza da oppioidi sono spesso minimizzati per interessi commerciali. Ma le morti per overdose legate all’abuso di droghe illegali e soprattutto di farmaci anti-dolorifici, sono una emergenza. Solitudine e marginalità sono fortemente intrecciate con questi esiti. In risposta, alcuni stati, specie negli US, si sono mossi verso la depenalizzazione per ridurre i decessi e affrontare le predette determinanti sociali della salute. L'ipotesi era che l'eliminazione delle sanzioni penali per il possesso di droga potesse ridurre le overdose mortali grazie alla riduzione di sanzioni o carcerazione e all'aumento delle richieste di aiuto.

Uno studio ha verificato gli effetti delle leggi che depenalizzano il possesso di droga in Oregon e Washington. Si è chiesto, che ne è delle overdose mortali un anno dopo la depenalizzazione?

I risultati suggeriscono che le modifiche legali volte a rimuovere le sanzioni penali per il possesso di droga non sono associate al tasso di overdose mortale.

E’ passato solo un anno e si deve vedere cosa succederà in seguito, ma intanto non pare che depenalizzare cambi granchè, (Spruha Josh e Altri, JAMA Psychiatry, 2023).

Si stanno esplorando allora vie nuove. Tipo, il sindaco di San Francisco propone di sottoporre a test antidroga i beneficiari del welfare, inquadrando il problema come un problema di determinazione individuale (e non sociale) Curioso che ciò appaia in una città un tempo nota per il suo abbraccio alle droghe ostentate dalla controcultura. Adesso per affrontare l’epidemia di fentanil chi vuole assistenza pubblica dovrebbe sottoporsi a test per l’uso di sostanze.

Tradotto in altre parole questo tentativo, visto che non sembra si riesca ad eliminare le determinanti sociali per il bosco di interessi commerciali (vedi sopra) si concentra sulla responsabilità individuale.

Se la dipendenza patologica è un meccanismo in cui le determinanti commerciali influenzano o addirittura sopraffanno la determinazione di salute di un individuo, che strada seguire per mitigare il rischio di dipendenza e offrire maggiore equità dei sistemi di cura?

Umberto Nizzoli da La Libertà n.34/2023