Lo scopo per cui scrivo è parlare con la gente, la mia gente, su quali problemi, concreti, dobbiamo fronteggiare e su come si possa, se si può farlo. Mi è abbastanza lontano il fare

cronaca a meno che dalla cronaca non emergano fatti legati a comportamenti umani che suscitano la mia attenzione. Mi è lontano non dico mille miglia ma giù di lì il riferire cosa accada in altri paesi al solo scopo di fare sapere che li conosco. Se mi capita di parlarne è sempre per le loro possibili ricadute sul sistema di relazioni e sociale nostro. Uno sguardo sul mondo ma per pensare noi, ai nostri cari, alle nostre famiglie, ai figli, ai vicini. Insomma gli articoli che scrivo sono legati da un filo rosso che li lega: l’educazione alla salute. Affinchè noi, le nostre famiglie, le nostre comunità possano affronatare meglio le sfide che la complessità attuale impone.

Da quando scrivo mai ho scelto un titolo dei miei articoli: sono scelte della redazione. Capita così che, attratta da un elemento o da un altro, la redazione ponga un titolo che enfatizza un aspetto a detrimento di un altro. Domenica scorsa non volevo affatto fare un resoconto del piano di Obama per la sanità, bensì cercavo, prendendo spunto da un contatto che ho avuto con lui, di riflettere su come si possa costruire salute mentale e relazionale, benessere, da noi, tra di noi.

Spesso prendo le mosse dai più recenti risultati che emergono da ricerche o linee-guida emesse da organismi sociali o sanitari di rilievo internazionale; la loro conoscenza è fondamentale per non dare indicazioni basate sul buon senso comune o, peggio, l’ideologia di chi scrive.

I temi umani e sociali sono attraversati da correnti ideologiche che spingono a visioni contrastanti benché basate su pregiudizi e consuetudini. No, io cerco di riflettere basandomi sulle conoscenze scientifiche, cercando di coglierne il valore e mantenendosi aperti alle innovazioni. Insomma ci interessa sempre cosa si possa fare di più e di meglio nel futuro.

Lottiamo per cambiare modi di vedere stereotipi, che non aiutano. Ad esempio il concetto di salute. I più d’acchito ritengano che la salute sia non avere malattie. Un concetto al negativo: zero malattia uguale a stare bene. Il benessere invece è un concetto molto più ampio; un concetto positivo. E’ la comprensione basilare di ogni percorso. Negli anni ho imparato ad usare una bottiglietta di acqua. Il benessere è lo stato calmo di una superficie di acqua trasparente. Fa che il tuo stato sia così, calmo e rilassato in tutte le quattro dimensioni della persona: quella fisica, quella psichica, quella relazionale e quella spirituale. E’ uno stato (o condizione) di benessere che consente alla persona di realizzare le proprie capacità.

Il grado (o livello) di benessere di una persona le dà gli strumenti per far fronte agli stress della vita, per lavorare in modo produttivo e fruttuoso, per divertirsi serenamente. Se si sviluppa il benessere personale se ne avvantaggia anche la propria comunità. Lascia attorno a te un senso di calma e serenità: vedrai che staranno meglio anche i vicini oltre ai familiari.

Purtroppo le persone che perdono il proprio equilibrio e finiscono in uno stato di sofferenza o di vera malattia mentale sono parecchie. Circa una persona su quattro secondo le stime della OMS soffrono di disturbi mentali e comportamentali.

Il punto che potrebbe essere interessante per noi è che la salute mentale può essere migliorata (o peggiorata) dalle attività che si svolgono in famiglia, nel quartiere, nella città. La salute mentale individuale dipende anche dagli altri familiari, dai vicini e colleghi, dai governi.

Molto interessante è una revisione dei programmi che avevano come obiettivo la produzione di salute (e in contrasto ai danni alla salute).

Un asse di lavoro è orientato alla famiglia e diretto ai bambini, ai loro caregiver, o a entrambi. Vanno affrontati i problemi comportamentali o emotivi dei bambini piccoli, spesso con un approccio educativo per insegnare strategie ai genitori affinchè imparino a gestire e a prevenire la depressione, la rabbia, l'aggressività, lo scarso rendimento scolastico e l'iperattività nei loro figli.

Tutti i programmi lavorano per migliorare lo sviluppo dei bambini, cercando di potenziare le loro competenze sociali, la capacità di comunicazione e la capacità di problem solving attraverso un aumento delle competenze e del benessere dei genitori e/o della qualità delle relazioni padre-figlio/a, madre-figlio/a.

 

Poi c’è l’asse di lavoro fatto da interventi sul luogo di lavoro. Le strategie per promuovere la salute mentale sul posto di lavoro sono progettate per ridurre o contrastare gli effetti dello stress, e quindi ridurre la depressione e il burnout, e/o per aumentare la soddisfazione sul lavoro e la produttività dei dipendenti.

Gli interventi utilizzano terapie cognitivo - comportamentali, l’attività fisica, il training di rilassamento  per ridurre lo stress e corsi per la costruzione di abilità destinati a coinvolgere i dipendenti nel loro lavoro e/o per aiutarli a progredire o a riqualificare la loro posizione.

Poi ci sono interventi rivolti alle persone non più giovani. In questa popolazione, gli interventi mirano a prevenire la depressione attraverso la pratica dell'attività fisica, la terapia cognitivo - comportamentale, l’uso di approcci educativi, e “il ricordo”, un tipo di narrazione in cui si raccontano esperienze personali passate.

E’ molto importante rispettare e dare uno spazio alla narrazione del tempo che fu, sono le radici dell’essere.

Poi ci sono gli interventi rivolti alla popolazione generale. Sono più difficili, richiedono più risorse, pretendono più attenzione. Di grande interesse comunque sono risultati due progetti; uno è centrato sulla prevenzione dei disturbi alimentari e l’altro sulla prevenzione della depressione attraverso l’attività fisica.

Come strumenti sono stati considerati anche interventi in Internet. Ad esempio per la prevenzione dei disordini alimentari funzionano.

Questi diversi interventi sono stati sviluppati in molti paesi dell’Ocse. Andrebbero bene anche da noi. Sono stati valutati e si sono rivelati affidabili. I risultati dimostrano che si può migliorare la salute mentale e/o ridurre i sintomi della depressione, dell’ansia, del burnout nella scuola, nella comunità e nei luoghi di lavoro. Gli interventi efficaci hanno lo scopo di aumentare i fattori protettivi per aiutare gli individui a combattere e a superare gli effetti nocivi delle avversità.

Vanno fatti interventi per insegnare agli individui a modificare i comportamenti in combinazione con strategie per moderare l'impatto dello stress sul benessere fisico e mentale.

Altri interventi mirano a favorire un’identità positiva, aumentando la consapevolezza di sé e cercando di rafforzare l'autostima, la fiducia e l’auto-efficacia.

Poco è stato demandato a questioni troppo generali. Pochissimi sono gli interventi qualificati rivolti ad aspetti dell'ambiente che potessero ridurre il carico di stress degli individui. Ciò riflette un presupposto implicito, lo stress oggigiorno è universale e inevitabile. La globalizzazione lo ha reso un compagno di vita. Ergo l'approccio migliore è imparare a farvi fronte.

Nonostante queste cose si sappiano in modo inoppugnabile vi sono grossi limiti ad attuare questi interventi. Costano, i politici e i servzi fanno poco per metterli in atto, i cittadini sono spesso presi dalle massacranti routine quotidiane e disertano iniziative che sono pensate per loro. Ci deve allora arrendere? La nostra città in molti periodi della sua storia ha saputo fare cose importanti nell’interesse generale.

Le politiche sanitarie e i programmi che promuovono la salute mentale o che impediscono l’insorgere della  malattia mentale nella popolazione generale sono poco riconosciute. Aumentare la consapevolezza e adottare le strategie suddette potrebbe ridurre il peso della malattia mentale negli individui, nelle famiglie, nelle comunità e nella società nel suo complesso.

La nostra comunità ce la fa?