Amare la vita

 La esistenza di ogni individuo comincia con una separazione che la psicanalisi definì il “trauma della nascita”. L’unità originaria nel ventre della madre con la nascita si rompe irreversibilmente. Ne deriva una nuova realtà: quella “oggettuale”. Da quella separazione deriva una condizione di mancanza. Il cibo, ineludibile fonte di sostentamento, non viene più fornito gratuitamente

ed inarrestabilmente all’interno della unione simbiotica attraverso il cordone ombelicale, ma attraverso una separazione tra un soggetto bisognoso che desidera e chiede ed un oggetto (il seno materno, una mano dedicata) che può essere o non essere dato nei modi e nei tempi opportuni. 

La sofferenza esistenziale è invariabilmente collegata ad ogni processo di separazione.

Il dolore connesso alla separazione e l’afflato insopprimibile per il ricongiungimento danno vita nel racconto di Aristofane riportato da Platone nel Simposio al mito della mela dimezzata. Secondo questa lettura gli umani non sarebbero esseri interi ma …mezze mele alla perenne ricerca dell’altra metà che manca.

E’ la capricciosa pretesa di ottenere quel che ci manca che tiene gli individui bambini; capricciosi e prepotenti. Purtroppo certi amori iperprotettivi genitoriali tanto comuni oggi quando un piccolo è al centro di una pletora di adulti plurigenerazionali, favoriscono il blocco della crescita. Genitori nonni, spesso in contesa, ricoprono i bambini di ogni cosa ancor prima che i bimbi stesi riescano ad esprimere un desiderio. Crescere invece è inesorabilmente fare delle scelte, scegliere, allontanarsi, separarsi.

Ogni scelta è una rinuncia, una perdita. Molti per malcelata insicurezza, vogliono evitare di dover scegliere e si incaponiscono nel pretendere tutto e il suo contrario. Dentro al gioco di volere assolutamente quel che si desidera, si innesca la dinamica della dipendenza patologica. Si corre subito a pensare all’uso di droghe che spesso coprono la incapacità a crescere, l’incapacità a scegliere e a definirsi come persona coi suoi pregi ed i suoi limiti. Ma si dovrebbe pensare all’inseguimento di amori impossibili, la dedizione a comportamenti ripetitivi che si dimostrano dannosi ma non per questo vengono interrotti, o si pensa alla dipendenza da amore. Figli che non sanno uscire di casa; genitori che boicottano i tentativi dei figli di emanciparsi e si potrebbe continuare con amanti che perseguitano il loro amato fino a soffocarlo.

Se l’essere umano non ha buone radici, vive sentimenti di distruzione e di perdita ogni volta che gli si profila una scelta autonoma..

L’ansia di separazione a cui si è destinati nascendo, se non è arginata dalla gioia di crescere, fa emergere spinte di tipo regressivo che vorrebbero l’incorporazione totalizzante.

E’ qui che si gioca il valore dell’adulto genitore che sa trasmettere fiducia ed apertura alla crescita oppure che castra ed inibisce spesso per malinteso senso di protezione dai mali e dai rischi del mondo. Questo ultimo tipo di genitore dà vita a figlioli fragili con bassa tolleranza alla frustrazione, labili emotivamente, con scarso senso di realtà. Bimbi viziati che non rispettano le norme, destinati a diventare infelici narcisisti frustrati. Adulti che credono di meritare sempre comprensione, simpatia e ammirazione, qualsiasi cosa facciano. Adulti che hanno paura del rifiuto, che diventano ostili e risentiti; e che bramano, insistentemente pretendono. Dalla smania del desiderio di avere tutto per sé nasce la dipendenza ed il craving che spinge inesorabilmente verso la droga da cui si dipende: sia essa chimica o naturale, molecolare o senza sostanza come succede in chi non si stacca dal cibo o dal gioco o dal figlio e dalla figlia o dalla mamma. Il craving si attiva e spinge l’individuo verso quella “roba”, droga o alcol che sia o a quel comportamento (nella comune esperienza dei dipendenti le due dimensioni coesistono: uso droga per dare vita a un modo di essere di comportarsi).

Senza “la sua roba” gli sembra che nulla abbia più senso. Si apre il baratro della disperazione. Solo la sua “roba” vale la pena di essere voluta, presa, incorporata; desiderio struggente per un qualcosa che non può mai essere raggiunto completamente.

L'epoca che viviamo è all'insegna della grande incertezza. Il Covid fa sperimentare incertezza, smarrimento mancanza di certezze ambiguità, rende ancor molto più infido il mondo, i virus, le relazioni, le situazioni. Le paure per la crisi economica, il rischio povertà, la guerra, il clima che diventa un forno. Bloccare la crescita e sviluppare la dipendenza è un modo (patologico) per trovare certezze; certezze fittizie, soluzioni fasulle che diventano a loro volta problemi. Benchè siano patologiche, per certuni queste sono meno spaventose o difficili di diventare responsabili ed autonomi.

Molto dipende dall’educazione ricevuta. Probabilmente questa è la prima sfida che i genitori, la scuola, gli educatori, i medici devono assumere su sé: insegnare ad amare le sfide della crescita senza ricorrere a facili protezioni e a dipendenze malate da “robe”, siano esse droghe o abitudini e comportamenti terribilmente infantili.