La depressione non è solo la malattia mentale più comune, è anche una delle più Tenaci e dure da superare.

Fino all’80% per cento delle persone che soffrono di un episodio depressivo maggiore potrà avere una ricaduta. I farmaci possono perdere la loro efficacia nel tempo, se per caso avevano funzionato prima.

Ma un crescente corpo di ricerca punta a un intervento che sembra aiutare a prevenire le ricadute modificando i modelli di pensiero, senza peraltro dare effetti collaterali: la terapia cognitiva denominata Mindfulness, tecnicamente chiamata MBCT.

Un nuovo studio di recente in stampa per “The Lancet”, il giornale medico di maggiore autorevolezza esistente, ha rilevato che la MBCT ha contribuito a prevenire nel modo la recidiva di depressione almeno altrettanto efficacemente di quanto sono in grado di fare il mantenimento farmacologico antidepressivo; e senza né rischi né effetti collaterali.

Lo studio ha anche scoperto che la MBCT ha avuto un effetto maggiore sulle persone con storie più gravi di abuso infantile, le situazioni che sono maggiormente associate ad una recidiva.

Una “mappa sulla Mindfulness basata sulle evidenze” è stata preparata per il Dipartimento dei Veterans, una delle organizzazioni più potenti e qualificate nel trattare i traumi, su tutti i tipi di interventi basati sulla mindfulness ed ha trovato che l’effetto più consistente si ha nel trattamento della depressione (Evidence-based Synthesis Program Center, 2014).

“Le persone a rischio di sviluppare una patologia depressiva sono percorse da un sacco di pensieri negativi, con sentimenti e credenze pessimistiche su sè stessi. Questo può facilmente scivolare in una ricaduta depressiva “, dice l’autore principale dello studio apparso su Lancet, lo psicologo Kuyken, professore presso l’Università di Oxford nel Regno Unito.

La MBCT li aiuta a riconoscere che cosa sta loro accadendo, e li accompagna ad impegnarsi in un modo diverso nel rispondere alla depressione.

La MBCT è stata sviluppata oltre un decennio fa da tre psicologi: Segal, Williams e Teasdale.

La definizione più semplice di mindfulness è consapevolezza. In pratica si tratta di diventare più giusti e compassionevoli. Amati, sono solito dire alle persone che seguo. Amati, nel senso rispettati e prenditi sul serio; prenditi cura di te.

Si tratta di imparare ad osservare i propri pensieri e le proprie emozioni di momento in momento, senza né giudicare (spesso si è troppo severi e pretenziosi; non va mai bene niente) e senza farsi troppo coinvolgere emotivamente. Durante una sessione pratica, quando la mente vaga, la persona impara a prendere idealmente nota di dove va, e con calma torna in sé spesso usando (e godendo) delle sensazioni corporee come succede ad esempio concentrandosi sul respiro. C’è chi beneficia di una semplice mossa di yoga.

In particolare la MBCT cerca di insegnare alle persone come svincolarsi dai pensieri negativi profondamente radicati, quelli che sono comuni nella depressione.

In pratica la MBCT è un programma di psicoterapia che dura circa otto settimane; oltre alla seduta settimanale le persone sono invitate a “fare i compiti a casa” tutti i giorni; in modo attento e consapevole, non importa quanto comuni essi siano.

Segal e colleghi hanno studiato 84 persone in remissione di depressione ed hanno scoperto che la MBCT aiuta a prevenire le ricorrenti ricadute depressive non meno dei farmaci e di più del placebo (JAMA Psichiatria, 2010).

Una revisione scientifica prodotta da Goyal, medico alla Johns Hopkins University scritta per il JAMA di Medicina Interna (2014) ha esaminato diversi tipi di mindfulness studiati in ben 47 studi validati ed ha trovato che ha lo stesso effetto di efficacia nel trattamento della depressione con i farmaci e che inoltre ha effetti, seppure moderati, sull’ansia e sul dolore.

L’evidenza scientifica suggerisce che la MBCT è di maggiore aiuto per i pazienti più vulnerabili alla ricaduta: le persone con un maggior numero di episodi precedenti di depressione o che mantengono sintomi depressivi residuali.

In una meta-analisi del 2011 condotta da Piet e Hougaard, professori di psicologia clinica all’Università di Aarhus in Danimarca, hanno scoperto che la MBCT è il modello più efficace nel prevenire le ricadute tra le persone con tre o più episodi di depressione

In un altro studio, Williams e colleghi hanno trovato che chi aveva cominciato a manifestare sintomi di depressione in età precoci, o che hanno subito più avversità o abusi durante l’infanzia, beneficiano soprattutto della MBCT (Journal of Consulting and Clinical Psychology, 2014). Kuyken, quel tale che ha condotto lo studio del Lancet, ipotizza che queste persone sono più motivate nel trattamento. Chi è stato depresso più a lungo ed ha patito esperienze molto spiacevoli e casomai ha dovuto prendere per parecchio tempo degli antidepressivi, è di solito più disposti a meditare su di sé una mezzora al giorno. E chi si impegna di più ottiene anche risultati migliori.

Ma perché meditare su di sé aiuta tanto? Beh, non è totalmente chiaro; come spesso succede si vede che funziona anche se si poco perché. Ma ne parliamo un’altra volta.

 

Umberto Nizzoli