C’è molta quantità di “roba” pubblicata in giro. Se l’occhio non è attento si rischia di rimanere sepolti dal numero impressionante di libri, articoli, riviste, quaderni, dvd, cd, trasmissioni, congressi, relazioni, work-shop, conferenze, corsi, lezioni, festival…

La comprensione anziché venirne irrobustita è semplicemente ottenebrata. Il dialogo fra le persone diventa difficile, ognuno cita o si riferisce a qualcosa, qualcuno, qualche accadimento ed il fossato tra gli individui si accentua: come nelle religioni, ognuno pensa di avere la risposta giusta.

La scienza diventa un oggetto, come gli altri, di mercato: più gridi più ti sentono, più seduci più piaci, più ti imponi e più ti temono. La credibilità si acquista nel mercato, più adepti significa più verità. Oltre a dividere le persone la cattiva scienza instupidisce gli individui: creduloni di chi sa vendere meglio le sue verità. Qui il rischio diventa grandissimo, si confondono la validità dei risultati e la carta su cui sono scritti, la copertina, lo sponsor, la trasmissione in cui vengono detti e via facendo della scienza uno degli oggetti di spettacolo.

In realtà la scienza non è un oggetto tra gli altri; un oggetto che si prende se si vuole e si lascia quando non serve.

La scienza è un continuo sforzo per (ri)disegnare il mondo. Parte da ciò che si sa e, senza accontentarsi, cerca di saperne di più. Parte sempre da quel che si sa non perché si debbano condividere le descrizioni scientifiche che altri hanno forgiato ma perché per esplorare il mondo e costruirsi le proprie verità si usa il linguaggio che altri ci hanno insegnato.

Il pensiero scientifico è una continua ribellione al sapere del momento. Non si accontenta, non si limita a ripetere. Ma ripete, esattamente come è, finché non ha una spiegazione migliore da dare. E’ ortodossa nel ripetere ciò che si sa ed è antagonista nel cercare nuove vie; ma finché non ne ha trovate di solide e migliori non abbandona le vecchie. La scienza è il metodo per scoprire il mondo: si basa su dati ma li deve interpretare di continuo. Non esistono dati empirici puri che raccogliamo sul mondo; sarebbe bello poterci appoggiare su di essi. In realtà ogni percezione è pesantemente strutturata dal nostro cervello, dal nostro pensiero, dalla nostra cultura con le sue aperture ed i suoi pregiudizi. In ogni osservazione c’è sempre chi sta osservando. Osservare significa cogliere, cioè non farsi sfuggire, comparare, cioè attivare tutte le associazioni che permettono la definizione di ciò che si è osservato, catalogare, cioè inserire all’interno di categorie e quindi spiegare, cioè dire (dirci) cosa in effetti ciò che è quel che abbiamo osservato.

La interpretazione dei segni del mondo che abbiamo osservato è il linguaggio che adoperiamo. Linguaggio che pre-esiste alla nascita di ognuno anche se ognuno può, ma spesso non può, apportarvi delle innovazioni. Qualcuno ha creduto di potere teorizzare che non sono le persone a pensare, sono i pensieri che passano attraverso le persone.

Il linguaggio è la nostra lente per leggere i segnali che ci arrivano dal mondo esterno e da quello interno, è il nostro coltello con cui affiliamo la realtà, il nostro libro-guida per sapere come muoverci. Il linguaggio non si limita a rispecchiare la realtà, ma più spesso crea la realtà stessa. Il linguaggio è, per un certo verso, il mondo, il nostro mondo. Tutto ciò che non rientra nel linguaggio che possediamo non è raccolto, né catalogato, capito e ricordato. I linguaggi posseduti differenziano le persone, creano le gerarchie del sapere. La vita è un’occasione per sviluppare, crescere, rendere più efficace e pertinente, il linguaggio. E’ il nostro viaggio, il viaggio di ogni persona dentro al mondo. Il viaggio verso la conoscenza, un viaggio continuo.

La ricerca della conoscenza non si nutre, di certezza: si nutre di una radicale mancanza di certezze.

Eppure, ecco un paradosso, la scienza offre certezze: sono le spiegazioni migliori possibili al livello di sviluppo delle conoscenze che si sono finora ottenute.

La scienza è la ricerca continua del miglior modo per cogliere il mondo e per capirlo.

Ergo ogni questione che riguarda il vivere andrebbe affrontata con l’ausilio della scienza. Molte persone, le più ingenue, nutrono grandi aspettative sulla scienza; da essa si aspettano la soluzione di ogni problema. Purtroppo esse sono costrette a subire molti smacchi e frustrazioni, la scienza sa molto compreso il sapere che molte cose fuoriescono dalle sue spiegazioni. Siccome vivere con l’incertezza è angosciante, si costruiscono teorie a volte basate solo su idee, le ideologie: esse offrono piste per superare le incertezze e contenere l’angoscia esistenziale che altrimenti fluirebbe libera e devastante. Ma il mondo è terribilmente più complicato delle immagini ingenue che certuni si fanno per muovercisi dentro.

Temi come quelli del comportamento umano oscillano tra spiegazioni razionali, scientifiche e ideologie che vorrebbero ingabbiare l’umanità.

Le persone moderne chiedono spiegazioni razionali. Data la complessità delle manifestazioni umane si addensano spiegazioni tra loro di valore scientifico molto diverso. Si va dalle conoscenze più raffinate alla paccottiglia buona al più per vendere qualche libro di ricordi strumentalizzando l’emozione del pubblico. Chi non volesse essere vittima delle forme di vendita delle conoscenze da serata di varietà può utilizzare i criteri che sono stati sviluppati nel mondo scientifico e che consentono di riconoscere il valore delle cose che vengono affermate. Così facendo il cittadino che non ha tempo da perdere con banalità e cianfrusaglie vendute con la fanfara della scienza utilizza una serie di criteri che gli permettono di orientarsi. Diventa allora importante sapere il fattore di impatto, quanto vale, il giornale o la rivista su cui sta leggendo per aggiornarsi; si usa il valore di impatto dell’autore, il suo curriculum, il metodo usato per svolgere gli studi di quanto viene dicendo; cioè tramite un set di criteri si elimina una gran parte delle ridondanze e delle inutilità e ci si concentra nello studiare solo le cognizioni serie. Nonostante la prudenza che questo modo di procedere induce, inevitabilmente si viene bersagliati da lanci di notizie “scientifiche” roboanti. Come fare? Come fare ad orientarsi tra notizie che rimbalzano ed a volte sono davvero clamorose?

Ad uso del lettore ecco un set che consente di distinguere fra le affermazioni scientifiche serie e quelle meno serie. Un set che consente di graduare la validità delle cose che si sentono ed a cui si crede se valgono qualcosa o le si getta se non valgono niente; indipendentemente dal clamore con cui vengono proclamate. A quanti più criteri la affermazione corrisponde e tanto maggiore sarà i9l suo valore. Un set piuttosto severo: sono davvero poche le affermazioni scientifiche che superano tutti i criteri. Consiglio il lettore di tenere con sé questo set: gli eviterà di farsi intontire da notizie “scientifiche” che servono solo a chi le lancia.

 

Ecco il set che riconosce la scienza cattiva.

 

1_ Titoli da prima pagina scelti e diffusi con sensazionalismo. Lo scopo dei titoli è di invogliare il lettore a leggere o ad ascoltare. Nella migliore delle ipotesi le sparate sono super-semplificazioni della ricerca. Nella peggiore sono la dimostrazione che si cerca il sensazionalismo.

 

2_ Risultati della ricerca male interpretati. Spesso gli articoli distorcono o interpretano male i risultati della ricerca per l’amore di rendere bella la storia da raccontare; intenzionalmente, di solito ma a volte involontariamente gli autori amano fare appassionare i lettori. In questo caso è sempre meglio rifarsi alla ricerca originale e non agli articoli di un giornale o di una trasmissione.

 

3_ Conflitto di interessi. E’ un fenomeno molto diffuso, specie in paesi come il nostro in cui i fondi pubblici per la ricerca praticamente sono inesistenti. Molte aziende, specie quelle farmaceutiche, pagano in vario modo i ricercatori affinché confermino i risultati che a loro interessano. In vario modo, facendoli parlare a un congresso o pagando loro una pubblicazione o semplicemente pagando qualche vacanza o qualche benefit. Ovviamente non è perché un ricercatore è pagato o venduto che le affermazioni che fa diventano perciò false, certo che il sospetto che siano dichiarate solo per fare l’interesse dello sponsor è alto. Serve perciò molta prudenza per discernere se le affermazioni scientifiche sono fatte al solo scopo di ottenere qualche guadagno di carriera o di denaro.

 

4_ Correlazioni e causalità. La correlazione fra due fatti o variabili non significa immediatamente che una sia la causa dell’altra. Un amico inglese che lavora per la ricerca in sanità, Mike Ashton, racconta un aneddoto. Il riscaldamento globale cresce dal 1800 e dalla stessa data diminuiscono i pirati, ma non è la caduta della pirateria a causare il riscaldamento.

 

5_ Linguaggio teleologico e speculativo. Speculare su una ricerca significa solo speculare, fare ipotesi campate in aria. Essere alla ricerca di parole come potrebbe, dovrebbe o altre altrettanto approssimative ed ideologiche, significa solo che la ricerca non offre i risultati che servirebbero per sostenere quelle stesse ipotesi.

 

6_ Un numero di casi troppo piccolo. Nella ricerca più è basso il numero dei soggetti analizzati e meno forti sono le conclusioni. Le conclusioni che vengono tratte e raccontate vanno prese con in testa la griglia che meno casi riguardano, meno forti esse sono. In certe situazioni non si possono riferire che pochi casi. Allora è bene non generalizzare. Se poi si tratta di argomenti su cui si sarebbe potuto produrre u campione significativo e non lo si è fatto, allora il sospetto sulla approssimazione del ricercatore deve essere immediato.

 

7_ Campioni non rappresentativi. Nelle prove che si riferiscono a questioni umane chi fa ricerca dovrebbe sempre selezionare campioni rappresentativi di una fetta più grande di popolazione. Mi hanno sempre fatto arrabbiare quei tali che., riferendosi alle persone che seguivano nei loro servizi, volevano riprodurre i dati di servizio come se fossero riferiti alla popolazione generale. Un caso fastidioso accade quando si sentono frasi del tipo chi usa marijuana prima o poi passa all’eroina; chi lo dice si basa sul fatto che tutti i suoi assistiti prima di diventare poli-consumatori o eroinomani avevano tirato marijuana. Il che è certamente vero per quel gruppo di popolazione finito in trattamento in quella comunità, ma che è assolutamente falso se riferito a tutti coloro che usano cannabinoidi. Di esempi simili ce ne sono parecchi: invito il lettore ad esercitare il suo spirito critico e discernere fra la corretta informazione e la volontà di impressionare o, più banalmente, il pressapochismo.

 

8_ Senza l’uso di gruppi di controllo. Nelle ricerche sui comportamenti umani i risultati di uno studio vanno sempre verificati in gruppi di controllo. Sarebbe anche molto meglio se la allocazione ad un gruppo o all’altro, quello studiato e quello di controllo, avvenisse con un’assegnazione random. In genere gli esperimenti dovrebbero controllare tutte le variabili in esame: ricorda l’aneddoto del riscaldamento e della pirateria!

 

9_ Senza l’uso come test del doppio cieco. Per evitare qualsiasi pregiudizio gli stessi esaminati non dovrebbero conoscere se sono studiati o se sono inseriti in un gruppo di controllo. Il lettore si rende ben conto della delicatezza di questo criterio: la trasparenza che si deve usare in clinica impedisce di tenere l’assistito all’oscuro delle manovre cui è sottoposto, come non sapere se viene trattato con il nuovo metodo che si sta sperimentando o con non si sa con che cosa. L’aspetto etico impedisce di norma di applicare questo criterio. Eppure per arrivare a conclusioni inoppugnabili bisognerebbe che tutte le variabili venissero controllate, sicché lo stesso sperimentatore dovrebbe agire alla cieca per non inquinare con la sua personale lettura i risultati. Vedi l’impossibilità di escludere l’osservatore dal dato osservato.

 

10_ Risultati scelti a piacimento. Questo criterio si riferisce a quando vengono estratti alcuni risultati dalla ricerca e vengono riferiti solo quelli perché sono quelli che fanno colpo. Spesso sono i dati che servono a confermare gli interessi del ricercatore o che meglio si prestano a sorreggere le conclusioni cui vuole arrivare.

 

11_ Risultati non replicabili. Per essere inoppugnabili i risultati dovrebbero essere replicabili. Chi fosse interessato dovrebbe arrivare alle stesse conclusioni indipendentemente dalle condizioni in cui rifacesse il test. Solo così i risultati sono davvero generalizzabili. Specie gli annunci più clamorosi devono godere di evidenze certe. A volte però si resta abbagliati da un titolone e dietro non c’è quasi nulla.

 

12_ Riviste e citazioni. Certamente è importante identificare la fonte ed il luogo di pubblicazione. Le ricerche pubblicate nelle riviste di spessore scientifico riconosciuto, cioè con un buon fattore di impatto, vengono assoggettate al processo di peer-review: ignoti altri specialisti leggono il testo prima di approvarne la pubblicazione. Quindi sapere se la notizia è stata prima recensita da gruppo di revisione fra pari è molto importante. Ma anche qui ci vuole prudenza: il processo potrebbe essere viziato da fattori di amicizia a colleganza. Altrettanto prudenza va usata per secernere fra le notizie che ottengono delle recensioni. Per essere chiari, più ce ne sono e più la notizia è validata specie se le citazioni sono fatte da autori autorevoli su riviste autorevoli. Ma anche quando una notizia è molto recensita, citata , non è detto che non siano i sostegni di cordata a dare quel rilievo.

Ci vuole quindi molta prudenza e bisogna dotarsi di pazienza per controllare l’attendibilità delle notizie altrimenti si finisce vittima del clamore che certi giornali danno alle notizie che stupendo il pubblico, fanno vendere. Trovare notizie che rispecchino tutti i criteri è difficile: sono la faticosa avanzata delle conoscenze scientifiche. Se si leggono solo quelle non si perde tempo con il ciarpame; si perdono però gli spunti creativi e promettenti. Allora pretendete che siano rispettati almeno i primi cinque criteri.

 

Umberto Nizzoli