Quando vengono consumati, gli alimenti industrializzati altamente trasformati (IHP) probabilmente hanno proprietà di dipendenza simili alle droghe, con tassi di assorbimento relativamente rapidi o intensi effetti edonistici che rendono il mangiare simile all'addiction, la dipendenza patologica (Gearhardt & Difeliceantonio, 2023).

 

“Grazie, serve di sicuro. Qui negli US è proprio una epidemia”. Così mi risponde una collega. Le avevo appena inviato un nuovo articolo uscito su Jama, il giornale dei medici americani, che descrive come affrontare l’obesità infantile. Così ho saputo che Patrizia stava passando le ferie negli States il paese che si contende con la Cina il terzo posto tra i paesi con il tasso di obesità maggiore dopo Messico e Brasile.

L'obesità e il sovrappeso colpiscono rispettivamente circa il 13% e il 39% della popolazione mondiale adulta e sono rischi noti per gravi malattie non trasmissibili come malattie cardiovascolari, diabete, disturbi muscoloscheletrici e molti tipi di cancro (Organizzazione mondiale della sanità, 2022).

Malattie gravi e non trasmesse da ereditarietà ma frutto del “vivere moderno”. Si è infatti osservato che parallelamente all'aumento delle tendenze globali al sovrappeso e obesità, i paesi economicamente sviluppati hanno registrato un marcato aumento della disponibilità e del consumo di alimenti appetibili, ad alta densità energetica, a basso costo e attraenti, cioè ben pubblicizzati e piacevoli alla vista.

Prove crescenti suggeriscono che il consumo di questo tipo di alimenti altamente trasformati è un fattore che contribuisce sia all'eccesso di cibo che all'aumento di peso negli individui vulnerabili (Gearhardt, 2011).

Esiste una crescente letteratura che dimostra che ci sono individui suscettibili, alla facilità di accesso, al basso costo, al messaggio pubblicitario che vende identità e all’attrazione per colori e immagini che trasmettono cremosità e dolcezza; individui che diventano gradualmente fisicamente e psicologicamente dipendenti da questi alimenti altamente trasformati e ad alta densità energetica (Smith & Robbins, 2013).

Ormai si sa da una infinità di ricerche che la ricompensa alimentare e l'eccesso di cibo condividono i meccanismi psicologici e neurobiologici attivati dallo sviluppo e dal mantenimento della tossicodipendenza. (tra gli altri Barry et al., 2009, Berridge et al., 2010, Gearhardt, 2011, Johnson 2010, Kenny, 2011, Schulte, 2015, Smith e Robbins, 2013, Volkow e Wise, 2015).

Come per tutte le dipendenze bisogna che si incontrino un individuo con particolari bisogni e vulnerabilità e un prodotto o un comportamento che suscitano desiderio e facilitano la ricompensa.

Da una parte quindi ci sono gli individui con le loro fragilità: le vulnerabilità che l’incontro con il cibo seda e risolve. Nel breve periodo, si intende.

Dall’altra parte ci sono cibi e cibi, non tutti sono così attraenti da sviluppare il desiderio.

Ovviamente sto parlando nei termini di prevalenza, perché un qualcuno, strano fin che si vuole, che si fa sedurre e diventa dipendete da cibi non attraenti c’è di sicuro. Ma la maggioranza delle persone che diventano dipendenti da cibo hanno bisogno di cibi attraenti, un segnale per il loro craving.

Questo significa che non tutti i cibi hanno caratteristiche per attivare il desiderio spasmodico, che forma la dipendenza dal cibo, la food addiction.

Un gruppo di ricercatori ha circoscritto il fenomeno del ridotto controllo alimentare a un insieme specifico di alimenti. Sì, ci sono cibi che fanno perdere il controllo; chiaramente a chi ha le vulnerabilità.

Cibi che facilitano la perdita del controllo sono quelli altamente trasformati (Filgueiras, 2019).

Come società scientifica italiana sui disturbi della alimentazione, Sisdca, assieme al compianto Nazario Melchionda e ad altri colleghi mi sono occupato specificamente di Food Addiction. In un libro intitolato appunto Food Addiction e nella sezione che dirigo nella rivista scientifica Eating and weight Disorders pubblicata da Spinger Nature dedicata al tema, abbiamo chiarito il fenomeno. Larga parte delle obesità è sostenuta da dipendenza da cibo, una dipendenza come le altre.

Come i segnali suscitati dalla droga nel cervello dipendente, i segnali del cibo possono suscitare voglie di cibo (craving) e innescare episodi di consumo eccessivo (Berridge 2010, Johnson, 2013).

Boswell & Kober, 2016) hanno anche concluso che l'esposizione a segnali alimentari o a droghe produce effetti di reattività psico-neuro-endocrina simili.

Mentre proseguono gli studi per identificare meglio chi sono i soggetti vulnerabili che ne diventano vittime, un gruppo di ricercatori ha classificato i vari tipi di cibo indicando quelli che sono più in grado di sviluppare dipendenza, i più pericolosi.

Un recente studio di Delgado, Moreno, Domínguez e Cepeda (2023) ha classificato gli alimenti in quattro gruppi in base al loro livello di "elaborazione".

Li ha poi sottoposti a test con un campione di studenti e ha trovato che c’è una forte differenza nel suscitare desiderio e craving tra cibi cucinati in casa e cibi trasformati industrialmente. Tra questi ultimi un gruppo di cibi altamente trasformati e ultraelaborati è quello più dependentigeno.

Quando vengono consumati, gli alimenti industrializzati altamente trasformati (IHP) probabilmente hanno proprietà di dipendenza simili alle droghe, con tassi di assorbimento relativamente rapidi o intensi effetti edonistici che rendono il mangiare simile all'addiction, la dipendenza patologica (Gearhardt & Difeliceantonio, 2023).

Mentre in certi laboratori vi è chi lavora produrre cibi altamente trasformati e palatabili per vendere di più, bisognerebbe che crescesse la consapevolezza nella popolazione e in chi fa educazione. Sapere di più aiuta a prevenire meglio.